Con i bambini nel ghetto di Terezín

La storia di Zia Ilse
Ritratto di mavi

La chiamavano zia Ilse i bambini del ghetto di Terezín. Dal 1941, fino alla Liberazione nel maggio 1945 lì vissero circa 15.000 bambini. Ne tornerà poco meno di un centinaio.
A sessanta chilometri da Praga,  nel 1780  in onore della madre Teresa, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, il figlio Giuseppe farà costruire una città murata divisa in due parti, destinata nel tempo a cambiare volti e nomi. Terezín, in lingua ceca,  alla fine del 1941 per volere dei nazisti,  si chiamerà Theresienstadt.  Un ghetto modello, “la grande fortezza”,  luogo ideale di “soggiorno” per bambini, con parchi attrezzati per il gioco, teatro di marionette, un coro. Si può cantare, recitare, disegnare, addirittura studiare nella scuola clandestina  denominata con la sigla L417.

Ilse Herlinger Weber, ebrea,  nasce nel 1903 a Witkovitz, città della Moravia dal 1918 inserita nella repubblica Cecoslovacca. Viene deportata a Terezín nel 1942 con il marito Willy e il loro figlio minore Tommy. Nel 1944, Ilse si offrirà volontaria per accompagnare nel campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia, uno degli ultimi trasporti di bambini. Tra questi,  il piccolo Tommy.

Ilse aveva lavorato in una scuola per l’infanzia, al servizio assistenza sociale della comunità.
All’arrivo a  Terezín,  si offre come infermiera e assume la direzione di  un’infermeria per bambini.

Le è sempre piaciuto leggere, scrivere poesie e racconti, cantare. Contro le regole si procura una chitarra. Insieme ad altri adulti, offre le proprie azioni di cura, facendo leva sulla forza  della creatività e mobilitando le energie soffocate dei bambini, per rimanere uniti e  aggrappati a un esile filo di speranza.

Suona e canta filastrocche  con i bambini. Scrive e racconta fiabe, canta ninne nanne per alleviare il peso della giornata e l’incubo della notte. Intorno alla stanza di Ilse i prigionieri si intrufolano per ascoltare musica. L’amica Judith, dopo la guerra, trascriverà le strofe mandate a memoria.
Zia Ilse coglie il bisogno dei bambini di ascoltare storie. Li fa giocare con le parole, per renderli liberi di inventare e disegnare altri mondi possibili, per intravvedere possibili spiragli di libertà.

Il marito Willy, giardiniere a Terezín, sopravvissuto insieme al figlio più grande Hanuš, dopo la guerra andrà a recuperare gli scritti di Ilse che lui stesso aveva protetto in un nascondiglio segreto. Così, saranno portate alla luce e  restituite alla memoria le sue poesie, in un libretto dal titolo “Theresienstadt”.  Altri racconti  tradotti in lingua italiana sono confluiti in un altro libro, “L’ora blu delle fiabe”.

Parole, disegni, musica, canto: la risorsa creativa  ha accompagnato la resistenza dei bambini fino alla fine, nell’ultimo viaggio.
Wiegala è  la canzone testimonianza  dei bambini di Terezin.
Fai ninna, fai nanna, sereno riposa/ Dovunque la notte si fa silenziosa!/ Tutto è quiete, non c’è più rumore,/ mio dolce bambino, per farti dormire./ Fai ninna, fai nanna, sereno riposa/ Dovunque la notte si fa silenziosa.
www.claudiapiccinelli.it

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