Il patron di Chiari Week e di altri settimanali arrestato

L'accusa per Vittorio Farina è di bancarotta fraudolenta
Ritratto di Massimiliano Magli

Terremoto per il gruppo Dmail Group, specializzato nella stampa di settimanali di informazione anche nella nostra provincia. Con sede a Merate, il gruppo, che qualche anno fa ha aperto periodici come Chiariweek, Manerbio Week e Montichiari Week, si è vista decapitare il vertice dalla magistratura. E' stato infatti arrestato il presidente della società Vittorio Farina per la presunta «distrazione» di 50 milioni di euro, aggravando il dissesto della società in cui operava di circa 25 milioni di euro. Questa l'accusa. A operare la custodia cautelare del 62enne è stata la Guardia di finanza di Torino, che il 14 settembre è intervenuta nell'abitazione di Segrate in cui vive Farina. Dmail Group, obbligata per legge, essendo quotata in borsa ristretta, ha dovuto subito comunicare la vicenda sul proprio sito precisando che i fatti contestati non riguarderebbero la gestione della società Dmail. Una vicenda in realtà intricata: l'arresto riguarda la gestione della società Ilte, Industria Libraria Tipografica Editrice. Un business legato a doppio filo con la politica, visto che si era accaparrato anche la stampa degli elenchi telefonici a partire dalle Pagine Gialle e che la società era diretta emanazione dell'Iri. Pare più di una coincidenza che proprio due anni fa il gruppo Dmail, in pieno dissesto con perdite per oltre dieci milioni di euro e indebitamenti per oltre 30, si fosse avvicinata a Seat con la proposta di una fusione, poi respinta dalla società torinese, che si è fusa nel 2016 con Italiaonline. Difficile capire quali ripercussioni avrà sui settimanali locali l'arresto del presidente. Certo si tratta di un colpo durissimo, dopo che per diversi anni il gruppo Dmail aveva ricevuto dalla società di certificazione dei bilanci Deloitte persino dubbi sulla possibilità di continuità aziendale e in alcuni casi si era detta impossibilitata a esprimere una nota conclusiva sul bilancio del gruppo.
Tempi duri per l'editoria si sa, ma se poi si drenano, come pare, persino i quattrini derivati dalla vendita del maxi capannone Ilte, anziché farli finire nella bonifica del quadro passivo, non soprende la fine di certi luccichii.

Dal Sole 24 Ore del 15 setttembre:

Forse c’è una sorta di karma nel destino di Vittorio Farina. La carta sta scomparendo, sopraffatta dalla società digitale dove tutto è su schermo; e, quasi simbolicamente, per il più grande stampatore italiano che ha fatto fortuna con la stampa su carta, cala il sipario. L’imprenditore arrestato oggi dalla Guardia di Finanza di Torino con l’accusa di bancarotta fraudolenta aggravata per il fallimento della società Ilte. Avrebbe creato un «buco» da 50 milioni di euro che sarebbero scomparsi dalle casse dell’azienda.
Qualsiasi italiano che abbia più di 30 anni almeno una volta nella vita ha avuto a che fare con questo sconosciuto, al grande pubblico, imprenditore: pubblica gli elenchi telefonici delle Pagine Gialle e delle Pagine Bianche. Roba da Paleozoico per i Millennials; ma per decenni gli elenchi telefonici sono state una macchina da soldi e l’unico libro nelle casedi molti italiani.
Dal Dopoguerra la Seat di Torino, nel frattempo tracollata e confluita nella Italia On Line di Naguib Sawiris, affida la stampa degli albi alla Ilte, tipografia di Farina. E negli anni del Boom, dell’Italia del Dopoguerra, le Pagine Gialle erano il Google degli Anni Duemila. Farina, che rileva la Ilte negli Anni 90, siede su un a miniera d’oro: un appalto blindato, sicuro e soprattutto ricco. Gli elenchi fanno la fortuna di Farina, uomo di importanti relazioni e potente. Narra l’agiografia che per anni abbia avuto un jet privato sempre pronto a Linate per portarlo a Roma (anche più volte al giorno).

Stabilimento Ilte

Figlio d’arte 
Quella dei fratelli Farina, Vittorio (arrestato oggi) e di Mario (anche lui stampatore), è una vita nell’editoria, ma dal lato delle tipografie e della stampa. Se ancora oggi la gente sfoglia il Corriere della Sera, Repubblica, Milano Finanza , o i libri della Rizzoli , è merito dei due fratelli. Figli d’arte, i fratelli Farina (ce n’è un terzo, Maurizio) hanno portato avanti l’attività di famiglia: 50 anni fa il padre Ferdinando Farina, allora dipendente dell'aeronautica, si inventò, nella sua cantina e decenni prima che Steve Jobs rendesse famosi gli scantinati, la finitura dei prodotti editoriali. Successivamente, grazie agli incentivi della Cassa per il Mezzogiorno, trasferì quella specie di hobby nel primo di una serie di capannoni industriali. Poco dopo i tre figli entrano in azienda e il gruppo decide di allargarsi anche alla stampa. A 30 anni sbarca a Milano per aprire una piccola ditta di cellophanatura (conta 7 dipendenti). Ma le cose vanno bene, sono i favolosi Anni 80 della Milano da Bere di Bettino Craxi e Farina, già il primo anno. fattura 170 milioni delle vecchie lire. Poco dopo arrivano le commesse con tutte le principali case editrici italiane: Rizzoli, Rusconi, Universo, Espresso, Il Messaggero. Dopo 10 anni, Farina comanda un impero costruito sulla carta: il gran salto lo fa, sborsando 90 miliardi di lire, con l’acquisto della New Interlitho Italia da una già allora in difficoltà Rizzoli (che sarebbe diventata Rcs-Corriere della Sera): lo stabilimento stampava periodici prestigiosi come Capital, Gente Viaggi, Brava Casa, e il Fotoromanzo per eccellenza, Grand Hotel. A metà anni ’90, Farina è il «Re degli stampatori» in Italia.

Ascesa e caduta degli elenchi del telefono

E’ appena finita la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia è sotto il Governo traghettatore del CLN in attesa che gli italiani scelgano tra Repubblica o Monarchia con il Referendum: il 26 aprile 1947, a due anni esatti dal linciaggio di Benito Mussolini a Piazzale Loreto, a Moncalieri, alle porte di Torino, viene fondato l’Istituto del libro italiano che pochi anni dopo si chiamerà Ilte: è un'azienda statale, e il luogo non è casuale La telefonia era stata creata in Italia a Torino dalla SIP, la Società Idroelettrica Piemontese, poi diventata STET, il colosos delle partecipazioni statali. La Ilte, dello Stato, stampa gli elenchi degli abbonati al telefono per la Sip, anch’essa pubblica. E così sarà per oltre quaranta anni; poi a metà anni 90, quando lo Stato privatizza la Sip, nel frattempo diventata Telecom Italia, anche la tipografia viene veduta il 1995 e il 1998 Ilte viene privatizzata, prima passa sotto il controllo di Seat e poi viene ceduta alla New Interlitho Italia di Farina. A quel punto l’Impero di Vittorio è ai massimi: la Ilte è un Eldorado, forte delle commesse blindate con Telecom Italia e con la Seat Pagine Gialle: lo stabilimento di Moncalieri conta oltre 500 clienti; un colosso. Ma proprio all’apice del successo, inizia il declino: l’affondo sugli elenchi telefonici si rivelerà fatale: il finre degli Anni ’90 è l’alba di Internet. In pochi anni cambia tutto: la gente compra sempre meno giornali e riviste, gli elenchi telefonici sono sorpassati dai motori di ricerca; i voluminosi tomi cominciano a rimanere impilati negli androni dei condomini; nessuno li vuole più. I primi morsi della crisi si fanno sentier già nel 2008: la Ilte è in perdita (per 3 milioni). Da li in poi il rosso non fa che aumentare. Farina vende pezzi per fare cassa e tentare di risanare i conti: nel 2015 cede pezzi al gruppo Mazzucchelli, ma serve a poco. L’anno dopo la Ilte fallisce. Fine dell’Impero.

Luigi Bisignani

L'amore per gli immobili e gli affari con Bisignani 
In Italia, Stefano Ricucci docet, il mattone paga. Quasi sempre. Farina si muove con disinvoltura, e soprattutto gran fiuto, nel mondo degli investimenti immobiliari. Qui si cementa l’amicizia con il brasseur d’affaires Luigi Bisignami, vero Richelieu della Prima Repubblica, in grado di influenzare carriere e nomine di governi e colossi pubblici. I due hanno una società insieme, la Farci. Nel 2004 Farina e l’«Uomo che sussurrava ai Potenti» comprano, tramite la società Spinoffer, una o in blocco più di 1000 immobili dell’allora Banca Intesa per un valore stimato di 200 milioni. Tutto il pacchetto verrà girato alla Pirelli RE di Marco Tronchetti Provera e Carlo Puri Negri. Si favoleggia di una plusvalenza con molti zeri: siamo all’apice della bolla immobiliare e negli anni d’oro della turbofinanza. La Spinoffer l’anno dopo fa ancora affari con la Pirelli Re: stavolta compra dalla società di Tronchetti e Puri Negri una serie di prestigiosi immobili a Roma, tra cui uno storico palazzo in Piazza SS. Apostoli. Farina e Bisignani lo rivenderanno a un’altra conoscenza dei salotti buoni milanesi, la controversa Sopaf di Giorgio Magnoni (che nel frattempo è stata anch’essa travolta da un crack finanziario). La stessa Sopaf, in tandem con Farina, orchestrerà il salvataggio di un’altra società immobiliare, la Aedes. Affari, investimenti e guadagni si moltiplicano: l’accoppiata Farina-Bisignani finisce anche sotto la lente della magistratura nell’indagine sulla P4,sospettata di manovrare nomine, giornali e mercato della pubblicità. Nel 2009 le strade di Farina e Bisignani si dividono: il tessitore di relazioni vende la Farci ed esce di scena.

Da stampatore a editore 
Dopo aver stampato per anni i giornali degli altri, Farina si lascia tentare dal fascino di fare lui l’editore. L’anno scorso ha rilevato Dmail, ex società hi tech del defunto Nuovo Mercato, che controlla alcuni quotidiani locali in Lombardia, e che a maggio di quest’anno ha cambiato nome in Netweek (quotata al mercato Mta). Ci aveva già provato cinque anni prima a entrare nel mondo dei giornali, quando l’allora dissestata Rcs, schiacciata dai debiti, aveva messo in vendita alcune testate, tra cui lo storico settimanale «Il Mondo», pur di fare cassa. Ma da Via Rizzoli rifiutarono l’offerta anche perché nel frattempo erano trapelate voci che l’operazione di Farina fosse orchestrata dall’onnipresente lobbista Bisignani. Vero o falso, adesso poco importa.

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