Quel giorno in piazza Loggia

Marisa Fieni: 18 anni e la voglia di cambiare il mondo
Ritratto di mavi

«Gli insegnanti avevano invitato la mia classe, composta di sole ragazze, a non mancare alla manifestazione anti-fascista in programma in piazza Loggia per il 28 maggio. E io non mancavo alle riunioni anti-fascio della Cavallerizza e del Movimento studentesco di via Garibaldi, figuriamoci a una manifestazione del genere». 


E il 28 maggio, da Castelcovati, Marisa Fieni, 18 anni, si sposta a Chiari per raggiungere la stazione di Brescia. Lì si incontra con le compagne di quello che era l'Istituto Professionale per il Commercio, allora in via Nino Bixio nel cuore della città. 
«Eravamo in tante – spiega -. Io ero una battagliera come molte di noi: avevamo vissuto e sentito dai partigiani gli orrori del fascismo e i timori di una recrudescenza erano alti. Eravamo orgogliose di essere lì, anche se il meteo era decisamente inclemente».
Marisa è in pensione da tre d'anni, dopo che ne ha trascorsi 42 come impiegata nella sanità pubblica, ma, quando le chiediamo di ricordare, sembra aver ricondotto tutta la sua vita a quel giorno. «Ricordo la pioggia, gli ombrelli aperti, la piazza era stracolma. Eppure noi sapevamo perché eravamo lì ed eravamo orgogliose». 
La sua posizione e quella delle sue compagne, per puro caso, sono il loro scudo, la loro salvezza. «Ci trovavamo per fortuna al centro della piazza, in mezzo a una grande folla. Ricordo bene ancora oggi il forte boato, come pure la vibrazione della piazza che ci investì sotto i nostri piedi». 
In quel momento la parola era al sindacalista Cisl Franco Castrezzati. «Le parole immediatamente successive – ricorda Marisa – erano finalizzate a mantenere le calma. Ma ci vollero pochi secondi per sentire pronunciare la parola 'bomba' da qualcuno intorno a noi». 
La cognizione del tempo e dello spazio in quei momenti diventano impossibili. «Si faceva fatica a realizzare cosa fosse esattamente successo. Basti dire che io mi trovai in un istante spostata di diversi metri rispetto a dov'ero prima. La massa di gente ci travolse e persi il contatto con le mie compagne». 
Il timore è che una di loro possa essere rimasta coinvolta nell'attentato: «Ci volle qualche minuto per ritrovarci sane e salve. Nel frattempo – continua Marisa – al microfono ci invitarono a spostarci in piazza Vittoria. Ma anche quello non ci tolse ansia e terrore: la paura era quella che i terroristi avessero preparato altri attentati a poca distanza». 
A 18 anni Marisa, in un'epoca senza telefonini e persino con pochi posti di telefonia pubblica, deve pensare anche ai suoi genitori. «Lavoravano entrambi a Milano – conclude – potete pensare il loro dolore e la loro preoccupazione. Ma non avevo modo di far loro sapere che ero salva. Ci riabbracciammo la sera. Nei giorni successivi riuscii a realizzare la brutalità di quanto avvenuto: alla rabbia si sommò un dolore che resta attuale. Se è accaduto può accadere ancora. Per questo dico ai giovani di non abbassare la guardia nei confronti del fascismo come di ogni estremismo» .

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