Italiano si fa profugo e chiede alloggio

Disoccupato con moglie e cinque figli... Ma viene allontanato
Ritratto di Redazione

Un gesto forte ed eclatante, non il primo da parte sua, per forzare lo Stato a dare risposte, reali, all’emergenza sociale che sta vivendo, e come lui vivono tanti altri italiani che in questi anni di dura crisi hanno perso via via il lavoro, la casa, i propri risparmi e la possibilità di offrire alla propria famiglia una vita dignitosa. Una situazione grave che non trova risposte esaurienti da parte delle istituzioni, che passa quasi nel silenzio di casi che si ripetono con emblematica ripetitività, portando a volte a soluzioni estreme.

Per protestare di fronte alla mancanza di risposte Salvatore Brosco, 47enne di origine napoletana che da più di 15 anni vive nella nostra provincia, ha deciso di dare vita ad una forma di ribellione che rappresenta una novità e si spiega bene con le sue parole: «sono un rifugiato anch’io».
Dopo aver perso il lavoro, prima come commerciante d’antiquariato poi di autotrasportatore, Salvatore Brosco da tre anni è disoccupato e non riesce a sostenere la moglie ed i cinque figli, ha dovuto abbandonare la casa dove viveva in affitto, nel quartiere della Badia, perché da tempo non più in grado di pagare.
Salvatore Brosco ha così deciso per una protesta clamorosa: si è presentato prima all’hotel Milano in città, dove però non c’era posto, e successivamente all’hotel Alpino di Sulzano, che ospita 16 profughi provenienti dal Togo. Arrivato alla reception ha versato la caparra per occupare una delle stanze, con la motivazione di un lavoro da fare in zona, e si è alloggiato nell’hotel tra i profughi. Di altri soldi per pagare il costo dell’alloggio non ne ha, il titolare dell’hotel ne è al corrente, ma da lì non se ne vuole andare. «Ho intrapreso questa forma di protesta - racconta Salvatore Brosco - perché sono stufo di questo sistema che elargisce fondi economici in favore di persone che arrivano in Italia e scappano dalla povertà. Anche io sono povero e in fuga da uno Stato che non riconosce i miei diritti. Chiedo di essere accolto e messo alla pari con queste persone».
La sua protesta non è contro i profughi, ma contro lo Stato che non sa dare risposte a chi ne ha bisogno e non tratta tutti i poveri nella stessa maniera.
In passato Salvatore Brosco ha dato vita ad altre forme di protesta eclatanti, a Roma in piazza San Pietro aveva minacciato di darsi fuoco, aveva ingoiato una scheda elettorale e si era presentato in Tribunale indossando una tuta arancione, come di un prigioniero «non di Guantanamo, ma dello Stato italiano», mentre a Brescia aveva cercato di bloccare l’auto blu del sindaco Del Bono con un motorino non suo.
Dall’hotel Sulzano che lo sta ospitando da più di una settimana non se ne vuole andare fino a che non avrà risposte, ma se per quelle dovrà attendere, arriverà in tempi brevi una risposta dalla Questura di Brescia, che ha avviato per lui il procedimento per il foglio di via.

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