Emigranti 1956

Ritratto di mavi

Ci sono tante strade, larghe e asfaltate ripide e strette, ognuna ha il suo cammino tracciato, scelsi la mia per necessità. A diciotto anni partii per la Svizzera, a questa età la vita è ancora intera, tutto è da scoprire, il futuro un’opportunità. Era inverno, camminavo verso la stazione la valigia in mano, non temevo il freddo o il vento che mi sferzava il viso, un solo pensiero mi accompagnava sarei tornata in questa mia terra amata. Il treno si allontanava sbuffando, la torre del mio paese si faceva sempre più piccola, un nodo mi stringeva la gola mentre lasciavo amicizie e casa. Cosa mi aspettava? Il confine era vicino, quanta neve vedevo dal finestrino «Cadono i fiocchi di neve, scendono silenziosi ad ammantare il mondo, se solo il destino umano fosse altrettanto bello e pacifico»
la neve mi ricorda sempre i sogni di bambina ad occhi aperti, sono entrambi effimeri. Passaporto signorina, fu l’ultima parola in italiano che sentii quella mattina.
Il lungo tunnel del Gottardo mi avvolse nelle sue tenebre in un breve sonno riposante.
Svizzera – viaggiai un po’ di ore ammirando nuovi paesaggi, insieme al crepuscolo arrivai al “mio“ paesello, era immerso in una valle. Klus.
Seduta sulla valigia di cartone aspettai mio papà che venisse a prendermi nella piccola stazione.
La casa era bella, con un grande camino, qualche corvo appollaiato alla finestra, mi guardava con aria interessata, la straniera è arrivata!
“Cincali*, una cincali?“ la mia nuova identità. Casa, treno, lavoro... treno casa, come il giorno e la notte era lo scandire del mio tempo, il calor della sera mi avvolgeva nella sua quiete, il mattino con la sua luce mi dava tanta energia, più di quanto l’anima potesse contenerne, perchè anche i sogni erano tanti, nessuno me li avrebbe strappati.
Una casetta, le tende bianche ricamate alla finestra, al balcone delle primule colorate, la macchina da cucire Singer, dei bambini che giocano in un giardino italiano, un papà che ci ama, in estate le vacanze al mare, qualche pizza da mangiare. Anche una modesta felicità è artigianale. ...Quanti anni son passati, un po’ di sogni avverati, ma nel presente c’è amarezza, rimpianto, i nostri figli, nipoti, non hanno un lavoro. Le valige sono pronte, con tanta speranza e un solo biglietto di andata, si ricomincia un viaggio. Italia, di nuovo ti stanno lasciando, come l’alta marea gli immigrati ti stanno conquistando. Patria sei effimera come la neve e i miei sogni di bambina. Spero che un giorno i miei nipoti possano dire, non a testa bassa ma con orgoglio, mia nonna era italiana.

*cincali il nome dato agli italiani perchè giocavano alla morra

Rosa Silvana Malzani

Vota l'articolo: 
Non ci sono voti