Fantasie apocalittiche di un'Italia che fu

Ritratto di Redazione

Con il deficit pubblico galoppante causato dalla cattiva e sconsiderata gestione amministrativa dei vari governi succedutasi dall’inizio del periodo famoso del Boom economico, e sulle ali dell’entusiasmo del benessere ballerino e scapestrato, dove chi veramente lavorava, risparmiava, mentre chi ci amministrava, convinti che il bengodi non finisse mai, dava fondo ad assurde spese per accaparrarsi consensi elettorali e creando una folta schiera di furbastri approfittatori e parassiti cronici laddove vigeva la cultura radicata nella storia dove il far fesso con furbizia, è un principio indiscusso, in combutta a quel costume mafioso esportato in tutto il mondo, un “ made in Italy” del quale vergognosamente sono gli artefici i malviventi e dove gli onesti hanno dovuto soccombere e subire l’odioso malcostume.
Ora, dopo che le alchimie finanziarie universali, sotto il naso e in barba di emeriti economisti insigniti e blasonati e pure da premi Nobel, sono tracollate, noi ci ritroviamo, miseri animali da soma, che in buona fede accantonavamo le briciole per fare una pagnotta da conservare per la vecchiaia, da sgranocchiare con denti posticci sognando il riposo delle ossa. Oggi scopriamo  la pagnotta svuotata dentro, con la sola crosta, per i più fortunati o oculati, e per gli sfortunati e le cicale nemmeno quella.
Il cavaliere apocalittico della disoccupazione giovanile scorazza a destra e a manca sottraendo quei risparmi che i padri e i nonni con fatica riuscirono a racimolare.
“Al pubblico ludibrio i responsabili"  mi vien da dire, ma è fiato sprecato, i furbi e i malfattori se la ridono sbeffeggiando i gonzi, i fiduciosi, e gli incompetenti come il sottoscritto.
Ora mi attacco all’indignazione, bell’eufemismo che nasconde l’incazzatura, ma che dovrei rivolgere più a me stesso, non essendo stato capace, ottuso o pigro, nel delegare i miei interessi a degli incapaci o mascalzoni.
“Tira la carretta animale da soma; taci e ubbidisci mentre ti annebbiano la mente con lustrini e effetti speciali.” Sussurro irritato a denti stretti.
Si parla di debito pubblico da pianificare, ma nessuno è disposto a farsi spennare e a tale prospettiva gli strilli riempiono l’etere tricolorito del centocinquantesimo anniversario dell’unità, palleggiandosi le colpe e le proposte risolutive col sottofondo litigioso nell’asserire che “ Le mie sono  migliori delle tue.”
E via a profetare assiomi, mentre i popoli confinanti arrotano i canini per meglio addentare la polposa carcassa.
Eccomi giunto alle prospettive fantasiose ma non troppo.
Cediamo le spiagge ai cinesi ci insegneranno a gestirle.
Cediamo all’asta i beni culturali prima che ci siano razziati o confiscati.
Cediamo le chiese abbandonate per esiguità dei credenti ai musulmani, loro le sapranno riempire.
Cediamo i terreni incolti o abbandonati a chi li saprà coltivare, e saranno i più affamati a produrre.
Cediamo i sacrifici dei nostri vecchi
Cediamo la dignità d’essere liberi se questa non la sappiamo difendere.
Caliamo le brache perché non siamo capaci ad andare d’accordo.
La storia si ripete da liberi diventeremo di nuovo schiavi.
Qualcuno suonerà le proprie trombe, Ci sarà qualcuno che saprà suonare le proprie campane?

Gino Serugeri

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