Il vaccino non basta, ho rischiato la vita

Senza mascherina e distanziamento si rischia ancora grosso
Ritratto di roberto parolari

Ieri, 13 dicembre, ci ha contattato dalla rianimazione dell'ospedale di Chiari Romano Gandossi, che circa quarant'anni fa era uomo di punta della redazione di «Bresciaoggi». In pensione da diversi anni, dopo l'esperienza da direttore alla Voce di Mantova, la sua telefonata sembrava una delle tante che Romano fa ai colleghi e amici per rinforzare i ricordi e trascorrere qualche minuto in allegria. Invece il sangue si gela quando lo senti raccontare l'inferno che sta vivendo dal 23 novembre, con il ricovero al Mellini di Chiari per il contagio da Covid 19, nonostante i due vaccini fatti.
La voce è ancora un po' sottile, ma si sente chiara e distinta.
«Sono ancora in rianimazione – spiega – sono in pieno miglioramento ma incrocio le dita, perché quando sono arrivato qui sembrava si trattasse di un rapido soggiorno. I medici avevano commentato i miei polmoni come fossero di un atleta e pronosticato dimissioni rapide. Purtroppo in due giorni la situazione è precipitata e sono ancora qui in condizioni critiche».
Il messaggio che vuole anzitutto lanciare Romano contrasta con un certo ottimismo: «Ho sentito il presidente del Consiglio Mario Draghi dire che i vaccinati possono trascorrere un Natale tranquillo. Non scherziamo, dico io, questo male è ben lungi dall'avere trovato un'arma infallibile. Il vaccinato ha un vantaggio, sicuramente, ma non si pensi che si abbia il diritto di andare a incontri affollati e di restare senza mascherina e distanziamento».
Come è avvenuto il contagio?
A metà novembre ero in Villa Mazzotti a Chiari per la festa dei cento anni della società sportiva. «Dopo un paio di giorni mi chiamano dicendo che c'era stato un positivo e in effetti avevo già un forte raffreddore e un po' di mal di testa. Ma per me è puntuale questo malessere ogni inverno: ma il mio ottimismo due giorni dopo si infrange».
Come ha scoperto di essere positivo?
«Lo hanno scoperto, si fa per dire, le scale di casa mia, dove sono caduto mentre cercavo di raggiungere il dentista con cui avevo un appuntamento. Sono praticamente svenuto. Lì si è appresa tutta la gravità della situazione e grazie a mia sorella sono riuscito a ricevere i soccorsi e a essere trasferito all'ospedale di Chiari».
Ammalarsi da vaccinati è possibile, ma finire in terapia intensiva diventa un caso più unico che raro, stando alle indicazioni degli studi sul vaccino anti Covid.
«La mia impressione – spiega Gandossi – è che ci sia stata molta superficialità nello sdoganare i vaccinati come fossero con uno scudo potentissimo. Dire che possono festeggiare normalmente il Natale per me è da incoscienti: il virus vola e si propaga in modo impressionante e mandare certi messaggi significa autorizzare la gente ad atteggiamenti secondo me incoscienti: molti vaccinati non usano mascherina né distanziamento e questo non va bene».
Gandossi ha dovuto affrontare anche seri problemi gastro-intestinali legati al Coronavirus: «Adesso ci scherzo su – dice – ma devo ringraziare i sanitari di avermi accontentato quando ho chiesto di avere riso e patate: un vecchio rimedio che sembra avere funzionato. Come se non bastasse, ho avuto problemi di climatizzazione nella mia stanza, visto che per alcuni giorni ho patito un freddo incomprensibile. Il mio desiderio è che la gente usi il cervello e non confonda il vaccino con uno scudo infallibile: per questo suggerisco ai politici di evitare l'invito ad assembramenti».
 

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