I miei giorni alla libreria Morisaki di Satoshi Yagisawa

Ritratto di roberto parolari

Un paio di considerazioni sul settore dell’editoria che ho avuto modo di fare durante le ferie estive. Negli ultimi anni ho notato un fiorire di romanzi giapponesi, ovviamente in traduzione, e una crescita esponenziale di titoli che contengono le parole “libreria” o “libro”.
Attratta da entrambe queste caratteristiche, ho chiesto che mi venisse regalato per il mio compleanno (a gennaio avevo deciso che non avrei comprato romanzi nel 2022 dopo aver constatato quanti ne possiedo non ancora letti, una specie di dieta che però finisce col sottoporre ai parenti la lista dei desideri) “I miei giorni alla libreria Morisaki” dello scrittore giapponese Satoshi Yagisawa. 
Ambientato a Tokyo, il romanzo scritto in prima persona è la storia di Takako, una giovane donna che, dopo il fallimento della sua relazione con un collega, si trasferisce sopra la libreria dello zio Satoru nel quartiere Jinbocho, il paradiso dei lettori. Takako non ama leggere e conduce una vita estremamente solitaria, ma questo ritrovato rapporto con lo zio la aiuterà ad uscire dal guscio e aprirsi alla vita. 
I libri, la libreria, i clienti abituali sono i personaggi della storia, nonché il Giappone con le sue tradizioni e la sua cultura così lontana e diversa da quella occidentale a cui siamo abituati. Forse è proprio questa la fascinazione e il conseguente successo di tutti i libri nipponici che arrivano sui nostri scaffali: un mondo lontano e diverso, moderno e tradizionale allo stesso tempo, dove il tempo per il cibo, per il té, per il bagno, per la piccola ed educata conversazione è ricercato e prezioso. 
I vecchi libri usati della libreria Morisaki non raccontano solo storie, ma anche tracce del passato come sottolineature, segnalibri e fiori secchi costuditi tra le pagine. Io non amo i libri usati da altri se non da me e riconosco di avere un rapporto quasi morboso con l’oggetto libro, però apprezzo l’importanza delle biblioteche e delle librerie che perpetuano la vita dei libri. Passando di mano in mano al racconto immaginato dall’autore si aggiungono tante storie personali che ne decretano l’immortalità.

    

Vota l'articolo: 
Average: 5 (1 vote)