Anziani, case di riposo e pandemia

Ritratto di mavi

Da tempo nella nostra zona si dibatteva della necessità di riorganizzare le RSA del territoriale. 
Le motivazioni erano prevalentemente economiche e gestionali, le resistenze puntavano su localismo, vicinanza, trasporti. Il risultato è stato quello di accantonare ogni approfondimento. 
Ora gli eventi tragici sollecitano ulteriori riflessioni. 

Alla casa di riposo di Castelcovati, ma in realtà il fenomeno è terrificante anche altrove, continuano a morire i nostri anziani. 
Alla fine di questa pandemia, penso che molte di queste strutture rimarranno vuote o quasi. 
Si pone di nuovo il problema delle prospettive di queste realtà, spesso piccole, ma presenti in molti paesi come eredità di lasciti. 
Già era chiara da tempo la loro insostenibilità economica, ma prevaleva il concetto romantico della vicinanza, anche se in realtà gli utenti erano in prevalenza esterni. 
Ma questa ecatombe diffusa pone ora un problema di qualità del servizio e della sua capacità di adattarsi a situazioni particolari, con le quali sempre più dovremo confrontarci. Problema che, se più evidente nelle piccole strutture, non ha comunque risparmiato le medio-grandi, mettendo in discussione il modello complessivo dei servizi per le persone anziane. 
“Da un lato bisognerebbe mettere in campo un concetto diverso di assistenza. L'istituzionalizzazione degli anziani a tappeto è deleteria. Molto meglio, per vari aspetti (psicologici, di autosufficienza e intellettivi) il potenziamento di servizi di supporto domiciliare, probabilmente anche più economici. Poi graduare il tipo di istituzionalizzazione passando attraverso strutture di comunità e riservando le RSA alle effettive esigenze di parziale o totale non autosufficienza”. Come si può ben capire, siamo in presenza di un tema complesso, di cui le case di riposo rappresentano uno degli aspetti. 
In ogni caso resta una questione da affrontare, partendo da una analisi storica del come sono nate e si sono consolidate, per arrivare a delineare soluzioni diverse, non solo più economiche, ma anche più adeguate alle nuove esigenze sanitarie e maggiormente rispettose della dignità umana. 
Si faranno, in parte sono già iniziate, riflessioni sulla eccellenza presunta della sanità lombarda o sulla autonomia, ma ritengo utile elaborare anche considerazioni più dettagliate e concrete. 
Sono partito dalle case di riposo. Si potrebbe partire da altre parti. Si arriva sempre allo stesso punto. La necessità ineludibile di procedere alla riorganizzazione radicale della sanità pubblica. 
Quelli che ho espresso sono solo spunti. 
Che ne pensate? Apriamo una riflessione più articolata e approfondita? 
Di tempo ne abbiamo. Usiamolo bene. 

Luciano Onger

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