Palazzolo: il guardiano del faro

Ritratto di mavi

E’ una bellissima domenica mattina. Sono a Palazzolo per assistere a una partita di calcio di mio figlio e per me Palazzolo d’estate è il parco Metelli, recentemente violentato dall’inserimento di un distributore automatico di bevande al posto di un chiosco con esseri viventi detti baristi, e nella stagione fredda piazza Roma, con il suo Rocker Pub, uno dei luoghi più autentici del centro storico, a cui mi piace arrivarci spesso a piedi, dal dietro le quinte del centro storico: è la discesa dalla Torre del Popolo, il saluto alla Roggia, al Teatro Sociale e all’Auditorium San Fedele, oltre ai relitti di un’epoca neoclassica e romantica a tratti originale a tratti inventata. Ed è scendendo a fianco della Torre che ho colto con la coda dell’occhio ciò che non tornava, ciò che non era, nell’ordito del comune e consumistico vivere, una cosa normale: un passaggio attraverso una posta abitata. Mi sono fermato e ho colto la cura che si può ancora apprezzare in alcuni borghi sardi, appenninici ma anche della nostra Montisola. Non tornava niente: vedere vasi coccolati a quel modo, ma soprattutto quella prospettiva che da una strada ti ammette a un sentiero, ma prima devi «passare» un casello dove trovi ciabattine in ordine, una panchinetta e scopri una porta che di lato ammette alla vita di una famiglia.