Occhi di ragazzo

Daniele Triva lascia atomi sospesi che qualcuno dovrà raccogliere
Ritratto di Redazione

Se fosse un mio amico gli scriverei un sms disperato, visto che è ormai morto e non può più sentire, per dire che ha avuto una «sfiga pazzesca». E poi per mettermi a ridere nell'ultimo delirio di un'amicizia incredibilmente scomparsa.

Daniele Triva, il genio delle biotecnologie, un volto da ragazzo, un entusiasmo da bambino, lascia 4 figli, moglie, 300 dipendenti e se ne va, dove non si sa, lasciando un pezzo enorme di talento chiamato Copan che ora deve per forza proseguire nel segno della sua esistenza.
Pochi mesi di malattia e... via... Ma dove? Perché? E perché, mi chiedo, da bambino quale ho il difetto a volte di essere nei miei pensieri, si ammalano di tumore anche gli ingegneri chimici?
Un imprenditore formidabile, di quelli che non hanno il vizio di sembrare imprenditori, ma di esserlo.
L'uomo che ha vestito di luce bio-sostenibile la sua azienda, che ha trasformato le sue idee in un magnifico business... per tutti i suoi dipendenti e le loro famiglie...
Paradiso o meno, è certa la destinazione della sua pelle, del suo cuore, dei suoi denti, dei suoi capelli, come pure del suo sorriso provato infine dal male: tutto a casa del Carbonio, quel mitico mondo che ci insegnarono ancora alle superiori, rafforzato negli studi universitari, rivoluzionato poi dalla ricerca. Avevo chi ancora oggi mi fa pensare con splendore naturalista all'attimo prossimo della mia scomparsa: torneremo carbonio, terra, terriccio, chimica organica...
E poi gli atomi dell'anima, dell'ispirazione, quelli che non muoiono né decadono mai: da prendere e portare a casa, farli ronzare sul comodino e una mattina di quelle giuste stringerli in un pugno e uscire per una di quelle commissioni che cambino nuovamente il mondo, come ha fatto Daniele... Che il mondo (non quello che emerge dalle quattro notizie dei tg) l'ha cambiato davvero.

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