Dall'Einaudi all'Onu

Michela Bergomi ha vinto il concorso sui flussi migratori
Ritratto di mavi

Da Chiari andrà alla sede Onu di New York per tenere un discorso sui flussi migratori. Arriva infatti dalla città delle Quadre il primato nazionale di un concorso promosso dal quotidiano Repubblica e da United Network sul tema dei flussi migratori e delle trasformazioni sociali. A vincere il concorso è stata infatti Michela Bergomi, insieme ai colleghi romani Giacomo di Capua e Laura Coppi. Michela, iscritta al quinto anno dell'istituto commerciale Einaudi di Chiari, si è portata a casa una immensa soddisfazione e ora si appresta a volare negli States per leggere il suo lavoro su un progetto che prevedeva, in 2.700 battute, un discorso da pronunciare alle Nazioni Unite sul fenomeno dei flussi migratori e delle conseguenti trasformazioni delle società. Nel discorso gli studenti dovevano anche indicare almeno un’idea concreta capace di affrontare e risolvere questo fenomeno.
Michela è arrivata davanti a tutti, seguita dai due studenti romani. Si è guadagnata così il diritto di andare a New York nel periodo compreso tra il 20 e il 27 febbraio. Il suo lavoro si intitola “EnoizargimmI” (ovvero "Immigrazione" capovolgendo l'ordine delle lettere).
Grande la soddisfazione dei genitori (il padre Dino è funzionario alla locale municipalizzata Chiari Servizi), per un lavoro che ha trasformato in un ambasciatrice scolastica questa 18enne. 
«Oggi – scrive Michela nel suo lavoro -, la globalizzazione ha portato il mondo ad essere vicino quasi fosse tornato al suo stato primitivo. Persone connesse da trasporti veloci e mezzi di comunicazione efficaci. La pangea moderna. Guerre, rivoluzioni, movimenti pacifici; grandi nomi hanno lottato per contribuire a conferire maggiore libertà ad ognuno di noi, componendo un ampio mosaico di meravigliosi e variegati colori nonostante l’incompatibilità creatasi tra ciascun tassello». 
L'interrogativo fulcro del suo successo è in questa frase: «Che necessità c’è di avere un’identità nazionale quando la stessa inizia a rappresentare un limite per l’uomo? Perché mantenere vivi antichi cliché quasi fossero obbligati, imposti e non rescindibili? Ciò che è diverso dalle proprie abitudini porta l’essere umano a reagire con un meccanismo di autodifesa indotto dalla paura del cambiamento, del distacco dalla propria comfort zone. Il falso mito che non sprona chi ha il potere ad alzare un dito è che le cose stanno così, che non ci si possa fare niente. Ma noi abbiamo il potere di fare». 
E infine la frase di speranza che ha scosso la commissione del concorso: «Questa immigrazione potrebbe portare alla lenta ripresa del mondo nella sua interezza; questa iniziativa rappresenta il tassello senza il quale il puzzle dello sviluppo umanitario non avrebbe né forma, né colore».

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