Addio Alberto: in centinaia per i funerali

Per il 16enne morto sabato il paese si è fermato
Ritratto di Massimiliano Magli

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Il paese di Castelcovati si è fermato ieri mattina per almeno tre ore, nel tentativo di salutare per l'ultima volta il 16enne Alberto Nodari e di consolarne la famiglia. Alberto è morto in moto, sabato, verso le 17, facendo tutto da solo. Ha finito per sbattere con il suo sogno, una Ktm 125, contro l'asfalto e i muri di cinta di alcune abitazioni, in via Tagliata, a Chiari.
Dalle 9 a mezzogiorno inoltrato la comunità si è stretta intorno al fratello Mirco, ai genitori Norberto e Angela Barboglio, con una presenza impressionante. La chiesa di S. Antonio era infatti piena oltre l'immaginabile. Fuori alcuni lenzuoli raccontano il dolore degli amici: «Una volta che potevi tardare per davvero, te ne sei andato troppo presto».
Il dolore di mamma, papà e figlio è impressionante, straziante. Mirco sorregge la madre, il padre Norberto abbraccia gli amici di «Alby», volti che frequentavano la sua casa, il centro giovanile, in definitiva una piccola disperata risurrezione del figlio.
Alla parrocchia di Castelcovati è arrivata lunedì la telefonata del vescovo monsignor Pierantonio Tremolada: «un messaggio laconico ma intenso, di vicinanza alla famiglia – assicura il parroco don Alfredo Savoldi, che pronuncerà anche l'omelia.
Al suo fianco il parroco emerito don Giovanni Tossi. Don Alfredo ricorda quanto era parrocchiano Alberto: «L'oratorio era gran parte della sua vita. Qui aveva appena concluso anche l'estate come animatore e qui si apprestava a tornare per giocare nella squadra di calcio. Aveva superato una grave malattia. La gioia della famiglia, ma imperscrutabile è il volere del signore».
Dopo il breve ritratto del parroco, le letture indugiano sulla Sapienza, un libro che racconta quanto il valore della vita dipenda in primis dall'intensità con cui la si è vissuta, non tanto dal tempo. Quindi il vangelo di Giovanni: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò». E allora arriva l'omelia con don Alfredo che guarda negli occhi i genitori e il fratello di Alberto: «Le domande sono puntuali e taglienti – spiega -. Perché? Perché proprio a noi? Come potremo affrontare la vita che ci resta da vivere. Ebbene Alberto, che è senz'altro già un angelo in cielo, non può che raccomandarvi altro che una vita da vivere pienamente. La sua mancanza è incolmabile, ma la sua presenza, paradossalmente, la avvertirete sempre e certamente vi chiederà di vivere con pienezza ogni momento, proprio come intensamente ha vissuto i suoi 16 anni». Dopo il saluto in musica della chitarre, arriva quello degli amici del Baritì: «Eri sempre pronto a scherzare, ne combinavamo tante – dice un amico – ma restavi un ragazzo responsabile e in gamba. Ci hai sempre trasmesso la voglia di vivere».
«Abbracciamo la tua mamma e il tuo papà, il tuo unico fratello – dicono insegnanti e catechisti -. Accarezziamo il tuo ricordo nell'attesa di ritrovarci tra i prati celesti».
Poi l'intervento sull'altare della cugina suor Paola Nodari, attiva in Africa, che pure ha perso la sorella Paola: «Caro Alby ti aspetto nei cieli dell'Africa con la mia sorella Paola, a vegliare sulle nostre esistente».
Papà Norberto ha la forza di salire e di guardare le centinaia di presenze: «Siete nel cuore di Alberto, siete un amore, non riesco a baciarvi, fate conto che l'abbia fatto con tutti».

Per il dolore della strada c'è un consultorio 
L'appello del professor Bulgarini e di Merli

 

Quando un figlio o un familiare non c'è più arriva un dolore immenso che non riesci a governare. Possono trascorrere settimane, persino mesi, ma poi l'essere umano ha due strade: perdere
l'equilibrio o ricostruirlo.
Il secondo lunedì di ogni mese, alla sera, l'Associazione Familiari e Vittime della Strada si ritrova all'istituto Tartaglia di Brescia. Qui c'è il consultorio che aiuta a ricostruire quell'equilibrio che va in frantumi dopo la morte in strada di una persona cara. Basta contattare il 338.4221449 ed è possibile raggiungere la struttura e partecipare agli incontri aperti per dare un senso al dolore.
Il numero è di Roberto Merli, presidente dell'associazione e il progetto è stato promosso anni fa con il professor Giuseppe Bulgarini, psicoterapeuta con alle spalle l'incarico di dirigente dei servizi di psicologia del Civile di Brescia e una cattedra all'Università Statale di Brescia come docente di psicologia della riabilitazione.
«Ai genitori che vivono questi momenti – spiega – voglio dire che non ci sarà mai nulla di strano o di folle nelle manifestazioni del dolore. Venire al consultorio significa incontrare persone che hanno sofferto lutti analoghi, emozioni analoghe, interrogativi paurosamente analoghi. Qui alcuni professionisti guidano verso una riconquista dell'equilibrio».
Ma cosa succede dopo la perdita di un figlio in moto o in auto?
«Accade che si perde drasticamente l'equilibrio ed è a questo equilibrio che il nostro lavoro punta. Raccomando sempre di non chiudersi nel dolore, nel silenzio, limitandosi a un bagno di lacrime al campo santo. Aprirsi significa darsi una possibilità di rinascita».
L'identità viene colpita? «Assolutamente sì: vedete, il lutto è come se resettasse la coscienza di noi, l'identità che improvvisamente vediamo barcollare. Quando abbiamo problemi esistenziali ci rifugiamo da persone che ci conoscono e riconoscono nella nostra identità. Questi amici o parenti ci aiutano ad affermarci nella nostra pienezza. Quando avviene un lutto è necessario l'aiuto non solo di amici ma di persone che l'hanno condiviso, oltre che di professionisti. Il mio consiglio? Mai stare da soli con i propri pensieri: in giro c'è un mondo che sa aiutare e un mondo che ha sofferto quanto noi. Non sentiamoci unici, almeno nella sofferenza. In questi casi l'unione fa davvero la forza».

 

 

 

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