Claudia Piccinelli ci racconta le donne che lavoravano «a servese»

Quando le donne lavoravano «a servese» tra Brescia, Milano e persino in Svizzera, alternando il lavoro di servitrici a domicilio a quello di mondine. Oppure ancora a quello di raccoglitrici.
Il tempo che passa ha cancellato in larga parte questi lavori, ma Claudia Piccinelli, docente di lettere clarense da anni ha avviato un lavoro per immortalare questo pezzo dell’affrancamento femminile. Un affrancamento faticoso, spesso ingiustamente, che le ha spinte in molti casi a sostenere sacrifici di gran lunga superiori a quello dei propri congiunti: madri e lavoratrici in trasferta con due o persino tre lavori.
«Quando non si mondava il riso – ricorda Piccinelli – si impiegavano come donne di servizio in famiglie borghesi, pensando a tutto: dalla cucina al bucato, dal cucito alla pulizia, financo ad essere confidenti della padrona. Dalla Bassa bresciana, come da Chiari sono centinaia le donne che si sono mosse in questa direzione».
Piccinelli ha curato pubblicazioni, mostre e alcuni anni fa anche una produzione filmica a cui avevano collaborato i suoi studenti all’Einaudi di Chiari (che l’insegnante ha lasciato tempo fa).
«Donne che migrano per lavoro» è il titolo della pellicola da lei curata con la regia di Alberto Ciarafoni, con riprese e montaggio di Rinaldo Frialdi. Ha fatto il giro di diverse scuole e Comuni, consentendo di comprendere ancora più l’evoluzione lavorativa di una donna che senza lavoro non ci voleva stare, per aspirazione a una autonomia ma anche per la necessità di sostenere la famiglia.
Alla sua attività di ricerca ha dedicato anche un sito (clauciapiccinelli.it) dove racconta la donna impegnata, nell’arte come nel lavoro.
E negli ultimi tempi cosa resiste di quell’eroismo lavorativo? «Esistono ancora le donne raccoglitrici – spiega Piccinelli – come quelle che abbiamo potuto apprezzare a Chiari qualche anno fa, mentre raccoglievano radici per la tradizione di Soncino. Ancora oggi resistono raccoglitrici in Lazio, sono donne estremamente preziose per le aziende, perché in grado di riconoscere e raccogliere erbe medicamentose, che ormai in pochi conoscono».
Quello che anche il sito della Piccinelli racconta è «un agire ordinario di piccoli gesti, una forma di resilienza intesa come capacità di far fronte e superare le avversità, per restituire significato alla propria esistenza e dare senso e autenticità all’esistenza dell’altro».