Da Palazzolo l’origine dei nuovi materiali in architettura

Ritratto di mavi

È nota la produzione di calce e cemento che nell’800 esisteva a Palazzolo gestita dalla ditta Piccinelli e poi assorbita nel 1864 dall’Italcementi che con le varie trasformazioni giunse all’assetto produttivo rimasto in funzione fino agli anni 70. Sono ormai archeologia industriale i grandi silos cilindrici, le tramogge, la gloriosa teleferica che da Paratico portava a Palazzolo l’eccellente pietra di Sarnico, materia di base per la produzione del cemento classico. Se tale presenza industriale fu un vanto e ci rese famosi nel mondo, da quelle due altrettanto gloriose ciminiere, che ne sono rimaste tuttora il simbolo, uscirono quintali di polvere che regolarmente si depositava sui fabbricati circostanti degradando la qualità della vita del quartiere. Fu nel 1964 che avvenne da parte dell’azienda una svolta con una scelta che si rivelò nel tempo provvidenziale, non solo per “l’ambiente” di Palazzolo, ma sopratutto per i futuri destini della stessa azienda. Con il nuovo impianto di Rezzato, incentivato anche dal crescente nuovo impiego del cemento bianco in architettura, si aprì un capitolo nuovo e decisamente ricco di positività per l’azienda che nel tempo ha sistematicamente migliorato la produzione con una vasta gamma di materiali che trovano impieghi non solo in edilizia con soluzioni d’avanguardia, ma addirittura in altri settori fino a spingersi all’utilizzo del cemento persino nella produzione di manufatti finora realizzati in metallo, come sembrano confermare le ricerche che tendono a perfezionare la realizzazione anche di cerchioni automobilistici.
Nel 1996 l’azienda brevettò TX Active per la produzione di cementi in grado di abbattere gli inquinanti nell’aria, migliorando la vita nei centri urbani con un esempio anche a Palazzolo nella pavimentazione della rotonda dopo i due ponti ferroviari.
Nel 2010 viene messo a punto il cemento trasparente impiegato nel padiglione EXPO di Shanghai. Nel 2015 viene impiegato il cemento biodinamico per la pelle esterna di Palazzo Italia all’EXPO, di cui già ho accennato nel numero di gennaio 2016: una bianca foresta ramificata di pietra  con un impiego di 2000 tonnellate di cemento biodinamico, miscelato anche con scarti di lavorazione del marmo di Carrara per ottenere la brillantezza.
Il futuro dell’azienda, ora passata ai tedeschi di Heidelberg, non potrà che migliorare in tecnologia, qualità produttiva ed ambientale, lasciando ai palazzolesi il vanto storico delle origini ed una centrale idroelettrica, recentemente ammodernata e produttiva.

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