Macogna, la discarica si fa

Il Tar ha dato il via libera
Ritratto di Redazione

Sarà sicuramente un tema forte del dibattito elettorale per i Comuni di Rovato e Travagliato, entrambi commissariati e vicini alle nuove elezioni, come lo è già stato in passato, ma sarà soprattutto un problema che i cittadini ed il territorio della Franciacorta si trovano ancora una volta ad affrontare. Il 19 febbraio scorso il Tar di Brescia ha reso nota la sua decisione di revocare la sospensiva, emessa dallo stesso tribunale nel novembre del 2014, che congelava l’autorizzazione concessa dalla Provincia di Brescia all’azienda Drr di Buffalora per la discarica di rifiuti inerti su un’area di 100mila metri quadrati alla Macogna. Un colpo duro per i quattro Comuni di Berlingo, Cazzago San Martino, Travagliato e Rovato che da anni si battono per fare dell’area un Plis, parco locale di interesse sovracomunale, e che avevano fatto ricorso contro la società Drr e la Provincia.  

Lo spettro della discarica non è più dunque tale, ormai è una realtà quasi certa perché, anche se bisognerà attendere il 22 aprile prossimo per la sentenza di merito sull’annullamento del progetto chiesto dai quattro Comuni e da Legambiente Franciacorta, il cantiere può essere riaperto e i conferimenti ripartire.
A dare una spinta decisiva alla decisione dei giudici di via Malta di revocare la loro prima decisione è stata la perizia presentata dalla consulente tecnica d’ufficio, la professoressa del Politecnico di Milano Laura Longoni, che ha di fatto confermato che non c’è alcun rischio idrogeologico nella discarica della Macogna che possa giustificare il blocco dell’autorizzazione concessa dalla Provincia alla Drr.
Secondo la relazione della professoressa Longoni alla Macogna ci sarebbe «un assetto tranquillizzante» sotto il profilo del rischio idrogeologico, una posizione che i giudici confermano nelle motivazioni della revoca sottolineando che «in base alle quote del terreno correttamente rilevate la discarica rispetta in ogni sua parte il limite di 1,50 metri stabilito dalla normativa per il “franco di falda”, lo spessore di terreno che deve interporsi fra il fondo discarica e la falda acquifera, e che tale valore è rispettato, anche se per un solo centimetro, anche nella zona denominata “bacino 3”».
I giudici del Tar hanno anche affermato che la Drr «ha già presentato domanda alla Provincia per innalzarlo, a ulteriore precauzione, di altri 10 centimetri, con soluzione che il Ctu stesso approva. Non solo, la conformazione delle falde superficiale e profonda è comunque tale da prevenire, in relazione al materiale inerte che sarà conferito in discarica, pericoli di inquinamento, quand’anche dei pozzi circostanti si faccia l’uso potabile che al Ctu risulta in concreto, e che però, a detta della Provincia, sarebbe non autorizzato».
La sentenza del Tar si chiude affrontando anche il possibile rischio che deriverebbe dalla presenza nell’area di rifiuti tossici precedentemente smaltiti, secondo i giudici le possibili «criticità dovranno essere, come di regola, considerate nell’ambito dell’ordinaria azione di governo del territorio da parte degli enti competenti».
Per i quattro Comuni e Legambiente, che ha sempre seguito da vicino la vicenda, ora la strada si pericolosamente in salita anche se i sindaci cercano in ogni modo di opporsi. Il sogno del Plis della Macogna pare essere tramontato e ancora una volta il territorio della Franciacorta si trova a fare i conti con una discarica.
 

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