Il genocidio moderno in Villa

Srebrenica raccontata con la Microeditoria
Ritratto di mavi

Anche quest'anno, Chiari, si è erta a punto di riferimento culturale della zona ospitando la tredicesima edizione della Microeditoria, importantissima rassegna editoriale alla quale partecipano puntualmente svariate decine di piccoli editori e migliaia di visitatori, nel suggestivo scenario della storica Villa Mazzotti.
Sin dalla prima edizione del 2003, che peraltro ebbe Alda Merini come madrina d'eccezione, la risposta del pubblico si è fatta sempre più calorosa e il ventaglio di presentazioni editoriali è andato arricchendosi di pari passo.
Decido, per affinità con i miei studi, di recarmi presso la sala Morcelli, dove Infinito Edizioni (da sempre molto attenta ai diritti umani e civili, specie tramite la collana orienti, fiore all'occhiello della casa editrice) presenta “Srebrenica, la giustizia negata”, reportage che affronta una delle tematiche più nere della storia europea del Novecento, scritto da Luca Leone (uno dei massimi esperti in materia a livello nazione e cofondatore della casa editrice) coadiuvato dall'autorevole Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
I fatti di quel famigerato undici luglio di vent'anni fa sono sicuramente conosciuti ai più: oltre diecimila bosniaci musulmani fra i 12 e i 76 anni vennero catturati, torturati, passati per le armi e inumati nelle fosse comuni. Non ebbero una sorte migliore le donne abusate dalla stessa soldataglia che strappò le vite dei loro familiari.
Tuttavia, nonostante la portata immane di questa tragedia, che riportò ad aleggiare in Europa lo spettro dei campi di concentramento, a distanza di un cinquantennio da quando il mondo intero gridò all'unisono “mai più”, la storiografia ufficiale  (quella italiana in particolar modo) non ha ancora deciso di affrontare questo genocidio con la dovizia necessaria, spesso liquidato nei libri di testo come “conflitto etnico” in una sparuta manciata di pagine.
Tornare indietro ed evitare le centinaia di migliaia di vittime e profughi causati da questa barbarie è impossibile, tuttavia il popolo bosniaco chiede verità, giustizia e l'assunzione delle proprie responsabilità da parte dei criminali e delle omertose istituzioni sovranazionali. Ed è proprio per questo che Leone ha deciso di cimentarsi in questo reportage, immergendosi nel buco nero della guerra e del dopoguerra bosniaco, nel vuoto totale di giustizia che ha seguito la più grande tragedia europea dopo la seconda guerra mondiale. Perchè, se la Storia deve essere davvero maestra di vita, è necessario illuminare “il buio oltre la siepe” e far emergere la verità, elemento imprescindibile per la ricostruzione di una convivenza pacifica.

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