Più i Natali passano...

Ritratto di mavi

Più i Natali passano e più si allunga come un ponte il ricordo dei Natali magici, quelli della nostra infanzia o prima gioventù, quando per una sorta di stupor ci ritrovavamo con una felicità immotivata eppure profonda e nello stesso tempo con la certezza di capire (!) il mistero sotteso a quell’improvviso cambiamento di atmosfera che coinvolgeva tutto e tutti.
Perché la mamma e il papà avevano smesso di punzecchiarsi? 
Mia sorella mi chiamava per applicare le vetrofanie alle finestre! 
Eppure gliele avevo suonate di santa ragione soltanto una settimana prima...
E perché persino la scuola sembrava un luogo più caloroso e accogliente, senza più improvvisi mal di pancia con cui doversi confrontare.  

E poi regolarmente ogni anno, nei ricordi dell’anno prima, confondevo gli eventi del 31 dicembre con quelli della vigilia: e non ricordavo ad esempio se la saga di Asterix e Obelix fosse in programma nell’una o nell’altra giornata, assieme all’allegra brigata della Looney Tunes e di altri cartoon di lunga durata.
E non ricordavo se il pollo ripieno da preparare era toccato alla zia o a mamma e soprattutto se ci sarebbe toccato anche quell’anno.
Ma erano dettagli di poco conto, ciò che faceva la differenza è che improvvisamente le nostre famiglie, già tanto vicine, si univano in una sola casa, invasa dal profumo del rosmarino nel forno e del Natale del presepe. Una maceria stesa nell’angolo, eppure più bella e umana di quella preparata su tutto l’altare laterale della chiesa madre.
Sono cambiate tante cose da allora e l’unica cosa rimasta è la certezza che in qualche modo, per quanto lontani saremo nel cuore, nei pensieri o nei luoghi, sia fondamentale ritrovarsi, dirsi che ci siamo gli uni per gli altri. Un motivo in fondo ci sarà sempre, anche se non lo vediamo all’istante.

Il capitalismo sfrenato, la corsa al denaro e all’accumulo e anche internet stanno contribuendo non poco ad aumentare il fenomeno dell’asocialità e dell’egoismo, che poi è una di quelle pigrizie del tutto simili all’ipotesi di un bimbo che, complice la mamma, decidesse di restare nel letto, al mattino, per tutta la vita, fino a diventare grande, senza scuola, senza sacrifici, senza compagni né amici... che, come tutto, si devono conquistare.

E anche il Natale rischia di finire in questo calderone, tanto più che qualche piccola ragione per non uscire è già nella mercificazione esplicita che per strada si fa della Natività, che in Scozia (per dirne una) finisce nei supermercati già da settembre.

Ma torniamo al nostro ponte: quest’anno si è allungato di un altro metro verso l’altra sponda. Quando si appoggerà laggiù avremo ancora pochi anni a disposizione per accendere alberelli, addobbare finestre con vetrofanie, preparare presepi... 
Non è certo inoltre che ci sarà ancora una sorella con cui litigare, mentre certamente non ci saranno più i sorrisi che ci hanno messo al mondo e verso i quali alzavamo lo sguardo nei giorni dei Natali che furono.
 
Ma una cosa è certa: negli anni dell’età che avanza è più facile ritrovare proprio lo stupor originario di quando eravamo bambini e che, correndo sul ponte, abbiamo cercato invano con tutto noi stessi, fino a credere di averlo perso per sempre.
Per ora ho smesso di cercarlo, ma sono certo che tornerà, tanto più che il ripieno del pollo è rimasto lo stesso e Le dodici fatiche di Asterix continuano a essere uno spasso straordinario.

Buon Natale. 

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