Addio grintoso Benito

Montini se n'è andato a 82 anni. Se ne va una persona vera
Ritratto di Massimiliano Magli

Con un duomo gremito, Chiari ha salutato l'1 settembre per l'ultima volta Benito Montini. A 82 anni se n'è andato un colosso di grinta e di voglia di vivere. Un punto di riferimento per tutta la città, avendo guidato per tanti anni l'Associazione Pensionati ed essendone ancora l'anima, avendo altresì occupato lo scranno da consigliere in due mandati circa vent'anni fa.
Dopo breve malattia, il 30 agosto Montini è scomparso lasciando un vuoto enorme nell'associazione.
Mino Facchetti da sindaco lo ebbe come consigliere di maggioranza e di opposizione in due mandati: «Un amico, un galantuomo. Da lui in via Milano, imparai tanti anni fa a tenere le redini del cavallo e a guidare il trattore. Il duomo ha pianto un grande uomo. Allora i Montini avevano un solaio in via Milano: qui facevano essiccare il grano. Io abitavo in quella campagna e fu lui a farmi sentire grande stando sul carro o sul trattore. Ho visto occhi lucidi ovunque».
«Persona di grande forza – ha ricordato il consigliere comunale Fabiano Navoni -, lo ricordo con affetto e devozione. Con lui, anche mediante l'assessorato al sociale della Annamaria Boifava, abbiamo collaborato splendidamente quando eravamo in maggioranza».
Gestore storico del bar Centrale era un «oster» vecchia maniera. Milanista incrollabile, straordinario coinvolgitore, uomo di compagnia. Ricordo i suoi approcci ogni volta che mancavo al pranzo sociale dei pensionati, che un tempo era a Montichiari, alla trattoria Boschetti. «Dutur Magli – diceva cadenzando con varie tonalità ogni frase, quando era ancora a capo del sodalizio – me la ole con me, a fianco del dutur Baroni del Giornal de Bresa e de Mazzatorta. L'al sa che me dighe semper come la pense».
Ma io purtroppo questa soddisfazione non gliel'ho mai data, e dio solo sa quanto avessi voluto dargliela, ma non avevo né il tempo né la voglia di fare pubbliche relazioni e belle facce, né soprattutto essere ospite di un convivio di pensionati, visto che il pranzo, offendendo qualcuno, me lo sarei voluto pagare da me, sapendo di non riuscire a ottenere tuttavia tale privilegio. E appena gli accennavo di volermi pagare il pranzo era una battaglia persa. «Alura fom isé – aggiungeva – te ta egnèt con me a èder al Milan: conose toc, Berlusconi compreso».
Mino Facchetti torna a ricordarne il viso, l'espressività: «Era di un'integrità assoluta, perché diceva sempre come la pensava, anche quando davanti aveva uno che la pensava al contrario, magari un'autorità. Ci metteva un sorriso che tutti ricordano: ti guardava con quello sguardo di chi ti guarda oltre, fino a vederti l'anima. Rispettava il pensiero diverso ma poi cercava sempre di supportare le sue idee con grandissima galanteria».
C'è un aneddoto che fa sorridere: anche 12 anni fa pareva un caso nazionale. Quando i pensionati avevano la manutenzione del parco della Villa Mazzotti, doveva passare un mezzo pesante e Montini, preso da una generosità istintiva, non ci pensò due volte a tagliare un grosso ramo di una pianta per far passare il mezzo. Apriti cielo: si sa, il parco è protetto, fermo restando che è 30 anni che nessuno lo recupera allo stato originario, ma con quel gesto lo misero in croce. Ma lui non fece "bèf". Oggi, con il degrado che colpisce il parco, quell'anedotto fa sorridere.
Lascia le figlie Donatella, Cristina e Susi, la moglie Adele.

 

 

Vota l'articolo: 
Non ci sono voti