Giacinto, l'uomo dei pesci

E avrei voglia di raccogliere di più, di averti in una camerata di letti e di addormentarmi con le tue storie.
«L'amore silenzioso dei pesci che ci aspettano nel mare»... cantava Lucio Dalla.
Averti conosciuto Giacinto è stata un'immensa fortuna.
Ma perché, da quando sono piccolo, ho trovato maestri soltanto nei più anziani di me?
Sarebbe la cosa più normale secondo gli antichi.
Oggi invece...
Ma dimmelo tu, vecchiaccio con un sorriso che estrai con «nonchalance» disarmante!
Dimmelo tu.
Ma no, dai, fai a meno, stavolta, che lo so già.
Voltati dall'altra parte e dormi che questa notte devi alzarti per fecondare gli storioni.
Voltati dall'altra parte, che la natura del sonno ti pretende insieme alle stelle della notte. Sogna, ne hai il diritto.
Si avvicina Natale ed è immensa l'emozione di sentire avvicinare la tua presenza che ogni anno reca un piccolo immenso dono, tanti sogni e tante domande. Si chiama pensiero, presenza, saggezza.
Mi hai insegnato a bere limone dopo le notti fumanti, spiegandomi che l'acido del limone è come il bacio di una donna che pensi brutta e invece la scopri tesoro dopo che magari l'hai persa. «L'acidità del limone non è gastrica ma polmonare, va via in un attimo e si trasforma in un reale antiacido e antitumorale», mi spiegavi mentre mi raccontavi delle tue disavventure di salute e fissavi il monocolo del microscopio come a sfogliare la divina commedia della vita...
Poi guardo su internet, curioso come sono, e scopro i pochi oncologi, che non sono schiavi delle società farmaceutiche, a spiegare cosa combini miracolosamente il limone nel nostro corpo insieme a mille altri frutti e verdure. Avevi ragione, come ho detto mille volte a mio padre, solo dopo, solo tardi.
Limone...
Lo bevo ogni notte, sai. Grazie a te.
Scriverti adesso è come quando parlavo del mio grande insegnante di lettere Fausto Pea, in vita, mentre correva l'ultimo anno che avrei trascorso con lui prima del passaggio al triennio...
Ho sempre preferito dire «ti voglio bene» in vita, che da testimone funebre.
Quanto odio gli addii letterari. Peraltro non è detto che mi seppellisca e mi consegni tu al carbonio.
Sarebbe un onore.
Giacinto Giovannini vive a Roccafranca, ma è a Orzinuovi, un passo più in là di campagna, in un confine che descrive già il suo essere borderline, in un rettangolo di acqua e terra dove negli anni Settanta ha avviato il suo sogno: crescere e far riprodurre gli storioni italiani. Altro che nazionale di calcio.
Ci passo spesso al tuo fianco, chissà se lo senti.
Lo faccio per far vedere ai miei figli le strade di campagna, tentando di far loro comprendere il senso di movimento che mio padre, per anni in carretto diretto al collegio di Romano di Lombardia, ha percorso. Tre ore e forse più, con il carrettiere disposto dallo zio Giacomo. E le percorro, folle io, per sottrarli ai pericoli della provinciale verso Orzinuovi, una strada omicida.
Se volete capire cosa significhi questo ometto (Giacinto), slegandovi dal concetto di business che arrogantemente potreste pensare, dovreste paragonarlo al Piccolo Principe che innaffia una rosa su un pianetino sperduto.
Dovreste pensare a voi che allevate tartufi disperatamente, contro il parere di tutti, in un pezzo di terra su cui piove e tira vento e maledizioni e disgrazie, e grandina di tanto in tanto.
Avete voglia di ascoltare questa storia?
La poltrona e un camino sarebbero il più comodo degli accomodamenti per leggerla.
Servono invece le notti, la pioggia e la stessa grandine di prima, quando corri sotto l'acqua battente e corri verso il tuo sogno, con la consolazione di pensare al dopo, perché, prima o poi, un camino in una casa dall'intonaco rosso e le ortensie a nord ti asciugheranno la corsa e la pioggia allagherà il cuore.
Scusa Giacinto, è notte fonda, e mentre ti alzi per i tuoi piccoli storioni devo preparare il ragù... Lo preparo con lentezza, dopo aver frullato sedano, cipolle e carote per il soffritto. Ho paura di farlo bruciare. Verifico...
Aspettami... Tu intanto feconda. Fecondare: per te un verbo di eccellenza, tu che hai amato e rispettato la donna come pochi al mondo.
Guardi ancora verso il cielo nonostante la morte dei tuoi figli-pesci per acque avvelenate dagli umanoidi?
Sono certo di sì...
Hai parlato ai banani che fruttavano insolitamente nel tuo giardino, hai scritto poesia, hai amato e ami ogni giorno.
Avete voglia di ascoltare questa storia?
Svegliatevi di notte, guardate nel buio e se trovate la luce non stupitevi.