Claudia Piccinelli

12
Mar
2024
Ritratto di giulia

Saadia e l’arte della pittura con le dita

Saadia viene da una famiglia numerosa della campagna al centro del Marocco, dove solo i maschi potevano studiare. Le ragazze aiutavano in casa e in campagna, fino al matrimonio.
A Casablanca le ragazze andavano a scuola.

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09
Mag
2017
Ritratto di mavi

Angela Strashnaia, circense russa

… ma clarense di adozione

A Chiari, Angela abita da cinque anni, e lavora con gli anziani. Non ha mai raccontato la sua storia, così diversa dall’ordinario. Ha portato dalla Russia un baule di foto, fa quasi venire la voglia di farci una mostra.
Angela è figlia d’arte. Il suo racconto inizia sfogliando questi  album, ma non si è concluso. La vita del circo è intrisa di umanità e passione, troppo ricca, faticosa e libera  per poter essere imbrigliata in poche righe.
Vengo da una famiglia di circensi

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27
Mar
2017
Ritratto di mavi

Due amiche vanno oltre la vita

Un libro sul coma e ritorno

Un’amicizia tra due donne inseparabili dà vita a “Vuoto profondo”, opera prima a quattro mani di Valentina Plebani (di Cividate al Piano) e Antonella Codenotti (di Villa Carcina).

Com’è nata l’idea di scrivere insieme un romanzo?

Antonella
Abbiamo da sempre condiviso la passione per la lettura e la scrittura. Io in realtà all’inizio non avevo una particolare urgenza, poi è arrivata l’occasione.

Valentina
Tutto parte da un mio sogno particolare, in una notte di maggio, dopo tre giorni dal mio licenziamento di responsabile in un ufficio commerciale. Mi trovavo al centro di uno spiazzo deserto, confluivano quattro strade. A seconda della strada percorsa avrei avuto un destino diverso. Ho subito informato Antonella. Da qui l’idea della scrittura e di inserire nella narrazione alcuni percorsi di vita sollecitati dal sogno: povertà, emarginazione, inconsistenza della ricchezza, fino a  un’ipotetica vita in un futuro apocalittico.

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21
Mar
2017
Ritratto di mavi

Il libro di Aurora, tra sofferenza e clarensità

Luzzi racconta la malattia e la forza dell’amore

Aurora, benvenuta con “Le intermittenze dell’amore”. In questo  tuo secondo libro di racconti, si nota un aspetto inedito. Ne vuoi parlare?

Il libro nasce in quel momento ancora debole della mia malattia. E’ dedicato “A tutte le donne che ho incontrato in Ginecologia chemioterapica”, donne strappate alla loro vita. Donne non tutelate in maniera sufficiente dalla  legislazione. Diventa un grande problema anche andare in ospedale per la cura, se non hai nessuno che ti può accompagnare.

Quindi, la scrittura come una forma di terapia

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07
Mar
2017
Ritratto di mavi

Con i bambini nel ghetto di Terezín

La storia di Zia Ilse

La chiamavano zia Ilse i bambini del ghetto di Terezín. Dal 1941, fino alla Liberazione nel maggio 1945 lì vissero circa 15.000 bambini. Ne tornerà poco meno di un centinaio.
A sessanta chilometri da Praga,  nel 1780  in onore della madre Teresa, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, il figlio Giuseppe farà costruire una città murata divisa in due parti, destinata nel tempo a cambiare volti e nomi. Terezín, in lingua ceca,  alla fine del 1941 per volere dei nazisti,  si chiamerà Theresienstadt.  Un ghetto modello, “la grande fortezza”,  luogo ideale di “soggiorno” per bambini, con parchi attrezzati per il gioco, teatro di marionette, un coro. Si può cantare, recitare, disegnare, addirittura studiare nella scuola clandestina  denominata con la sigla L417.

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01
Apr
2016
Ritratto di Redazione

"Orfanotrofio Conventino: ero un numero"

Alfredo Lorini, detto Murì, classe 1927, racconta

Il racconto di Alfredo, dal 1934 al 1945: l’infanzia e adolescenza, da sette anni fino al termine della Seconda guerra, in Conventino. A 33 anni, la mamma Celeste lascia orfani tre figli. I due maschi andranno in orfanotrofio, vicino alla chiesa di Santa Maria, la sorella dagli zii a Milano. Alfredo, il fratello maggiore, la rivedrà solo dopo i 18 anni di lei. Oggi, per Alfredo, Paolo Bocchi è l’unico grande amico del Conventino rimasto.

Ero un numero: il 14

Di notte, quando non dormo, mi alzo e scrivo:

“Sono un ragazzo di 89 anni, numero 14. Un numero che oggi come oggi, dopo 71 anni mi risuona ancora nelle orecchie: 14. Ti davano il numero, per quando serviva il cambio vestiti. Vorrei tornare bambino, giocare con dei balocchi sul viale di uno splendido e ordinato giardino. Ma ecco, si fa presente un pesante destino, che mi prende per mano, mi porta lontano, molto lontano verso quattro tristi mura della mia infanzia chiamate: Conventino”

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