Il cuore della movida di Brescia in mano a Roccafranca

Roccafranca.
Graziella e via, su e giù per le strade del Vescovato. Giornate intere trascorse tra bicicletta, il cercare rane, giocare a palla e immaginare il proprio futuro. Alla sua Graziella si affiancava la moto da cross di Ermanno Borella, amico inseparabile. Io c'ero, nel Vescovato di quegli anni. Si giocava e ci si tirava per il culo allegramente. Era una piccola oasi rispetto alla violenza verbale e fisica che altri giovanotti più grandi di me mi regalavano tra oratorio e piazza. Il Vescovato, historia docet, era e resta un luogo dove crescere tranquilli.
Valter Paneroni di mezzo a ieri e a oggi ci ha messo l'arte del vetro di Murano, una di quelle invenzioni d'arte che turerebbero la bocca a chiunque volesse ricordare la Roccafranca Comune economicamente depresso degli anni Ottanta.
Già perché qui un laboratorio come il suo, in pieno Vescovato, nell'insospettabile tutto (un cretino avrebbe definito 'nulla' le vecchie borgate rurali di questo magnifico paese) ci ha creato un prodigio noto in tutta Italia, per quell'arte del soffiare e decorare vetri.
E già questo basterebbe per dire che razza di «canchero» sia questo Valter, che zitto zitto ti porta a Roccafranca mezza Venexia. Gli affari vanno bene e l'amicizia ancora meglio, visto che dopo 40 anni c'è ancora Ermanno Borella tra i piedi, ancora con la motocross!
I due li vedo passeggiare davanti al Viavai di Roccafranca qualche giorno fa, qualche giorno prima dell'annuncio di Beppe Viselli che lascia lo storico bar in fondo a piazza Arnaldo, in quel culetto di principio di via Tosio che pare un «tocco e scappo» per un bar che ha osato portare qui migliaia e migliaia di giovani in tanti anni, alla faccia della Curia che poco più in là sonnecchia e impone silenzi tombali a chi apre un pub come il magnifico «Black Sheep» dell'amico Roby.
Ora per i notai questi particolari non contano nulla, ma pensare che questi due li vedi pochi giorni prima davanti al Viavai (che ha da qualche mese debuttato l'imitazione dello champagnone – a dire di Beppe Martinelli è ovviamente meglio il suo), proprio mentre noi dentro al Viavai ci interrogavamo sulla sorte del Viselli, ci fa sorridere. Detto tra noi Viselli a me non ha mai fatto impazzire (buono il bere, singolari la bottega monolocale e il padrone), per la porcheria di 'Brescia Bene' che stazionava fuori in mezzo a via Tosio, quella che per intenderci, quando abitavo in via Trieste, dovevo far spostare tacco per tacco, suola per suola, mentre passavo in auto, buscandomi, anziché scuse, una marea di vaffanculo: le maree di chi vuol dormire in centro al Vatican-Brixia. Grazie al cielo da anni sono tornato qui, tra Vescovato e i Santi Gervasio e Protasio.
Classe 1972 Valter, classe 1970 Ermanno: i due amici da una vita hanno preso la mira e fatto loro il mitico Viselli con tanto di ricetta segreta dello Champagnone o Sciampagnone che scriver si voglia.
«E' durata un po' la trattativa – spiega Valter- anche perché era complesso quantificare i valori in gioco. Non abbiamo preso i muri, ma gestione, mobili e segreti e il nostro obbligo è tenere alta la qualità di questo locale proseguendo quell'innamoramento che tanti giovani riservavano a Viselli».
Quando chiediamo a Valter della sua passione per il mondo dei bar, taglia corto lamentandosi di non poter bere un goccio del prodigioso Champagnone, essendo in servizio, «ma quando ho finito, questa notte provvederemo a recuperare quello che ci siamo persi».
Il 2 gennaio 2014 è stato il primo giorno di lavoro per Valter ed Ermanno e mi ride, mi ride quel lato del corpo che non è nobile nominare, pensare che due ragazzi cresciuti al Vescovato di Roccafranca gestiscano il bar più fighetto di tutta Brescia. Altro che gardesani... la storia in questo caso l'hanno imparata (in primis nell'annusare e seguire il business) gente cresciuta tra rane e girini.